giovedì 29 gennaio 2009

Italians



Carlo Verdone (Giulio Cesare Carminati): "Secondo me l'Italia sta passando uno dei periodi più bui sul piano morale e culturale..."
Ecco direi che questa battuta esemplifica perfettamente la "qualità" di questo film.
Non mi sento di spendere ulteriori parole se non che il secondo episodio (quello con Verdone) è stato un agonia. E meno male che doveva fare anche ridere.

Voti:
Gli Spietati: 4;
MyMovies: 2/5;
Cinema Del Silenzio: 6;
35mm: 3/5
IMDB: 6,7
MIO: 4;

martedì 27 gennaio 2009

La strage degli innocenti e la memoria smemorata.


Sono passati più di duemila anni da quando Erode, a detta del Vangelo (Matteo 2,1 - 16), diede atto alla strage degli innocenti, bambini sacrificati per la sopravivenza di Gesù. Allora fu la paura di perdere il potere, la volontà di affermare la propria forza, oggi sono anche l’arroganza da intoccabili, il potere economico, ma anche l’ignoranza e l’indifferenza. Perché se a quei tempi nessuno poteva sapere oggi non ci sono scuse. Ma nulla sembra essere cambiato, nemmeno la storia sembra averci insegnato qualcosa, si fa finta di non conoscerla, non interessa, però poi si parla, si discute di argomenti di cui si ignorano gli antefatti. Così la terra gronda sangue e lacrime innocenti, 410 bambini uccisi in nome di che cosa? Di chi? Per un pezzo di terra? Per i giacimenti di gas presenti nel mare antistante la striscia di Gaza?
E sono convinto che ancora una volta nel “Giorno della memoria” ci sarà chi dirà “Mai più” e ignorerà la strage di Gaza, ignorerà il terrore negli occhi dei bambini in attesa dell’ennesimo scoppio. Ci sarà chi passeggerà con gli occhi lucidi tra le baracche dei campi di sterminio ignorando l’Olocausto africano che continua imperterrito. Intanto la terra assorbirà il sangue e le lacrime preparandosi alla prossima “autodifesa”. In questa giornata non si può parlare della violenza subita dal popolo ebraico senza riferirsi a quella che colpisce oggi il popolo palestinese, non si può parlare dei bambini uccisi dal nazismo senza parlare dei bambini palestinesi. Questa giornata dovrebbe ricordarci tutte le tragedie accadute e che ancora avvengono nel mondo come nello Sri Lanka dove l’esercito governativo cingalese ha adottato una linea che ricalca l’operazione israeliana “Piombo fuso” provocando, in sei giorni, la morte di 69 civili e distruggendo l’unico ospedale del distretto.
Navigando su internet mi soffermo su un articolo dove un professore analizza le analogie tra il ghetto di Varsavia e l’assedio a Gaza. Recentemente il cardinale Martino ha definito la striscia di Gaza come un “campo di concentramento” venendo apostrofato dal primo ministro israeliano Ehud Olmert come “degno della migliore propaganda di Hamas”, eppure nessuno ha fatto “muro” a sua difesa come usano i nostri politici da quattro soldi quando hanno bisogno di farsi belli. Come dare torto al cardinale quando le analogie sono fin troppe? La logica che ha portato alla ghettizzazione di Gaza è simile a quella degli ebrei di Varsavia. Rashid Khalidi ha spiegato, in un articolo del New York Times, come “la maggioranza di chi vive a Gaza non è lì per scelta. Un milione e cinquecentomila persone stipate in 140 miglia quadrate fanno parte per lo più di famiglie provenienti dai paesi e dai villaggi attorno a Gaza come Ashkelon e Bersheba. Vi furono condotte dall’esercito israeliano nel 1948”.
Insomma non vennero forse gli ebrei di Varsavia costretti ad ammassarsi in uno spazio ristretto diventando un formicaio? Non venne costruito un muro di cinta come quello di Israele per rinchiudere i palestinesi? Non venne impedito agli ebrei polacchi di uscire dai valichi controllati da posti di blocco militari?
Come detto in precedenza se un tempo si poteva anteporre l’alibi del non sapere ora non ci sono scuse, eppure l’operato israeliano è stato giustificato come “autodifesa”. Ma c’è da chiedersi: come può un paese con il secondo esercito più potente al mondo con caccia F16, drones, carri armati, bombe al fosforo, guide satellitari, bombe al laser e che controlla militarmente i confini della striscia di Gaza da 40 anni, sentirsi “circondato” (questa la sensazione dettata al TG1 da uno scrittore israeliano di cui non ricordo il nome)? Per motivare questa aggressione (senza dimenticare quella del Libano di due anni fa) i dirigenti politici hanno denunciato i missili Qassam che in 8 anni hanno causato 10 morti civili, hanno denunciato un terrorismo (inteso come kamikaze) che non colpisce da 4 anni. Nessuno giustifica Hamas ma non si può ignorare il passato terroristico israeliano denominato Irgun, che tra parentesi, era capeggiato dal padre dell’attuale ministro degli esteri israeliano Livni. Nessuno giustifica Hamas e colpire civili è potenzialmente un crimine di guerra, ma i numeri parlano chiaro e tutti giustificano gli oltre 1300 morti palestinesi (ricordo ancora i 410 bambini), i 5300 feriti, le scuole distrutte, le quattro sedi dell’ONU devastate, la sede dell’UNRWA contenente beni e medicinali di prima necessità per i civili, polverizzata. Nessuno giustifica Hamas, non si potrebbe, ma bisogna essere consapevoli di come e da cosa è nato questo movimento, perché se non si è al corrente degli ultimi 60 anni di storia palestinese non si può comprendere. Anche gli ebrei di Varsavia usarono armi del tutto inadeguate per contrastare gli invasori eppure nessuno può condannare la loro difesa disperata. Nessuno giustifica Hamas ma lo si fa con Israele anche quando Amnesty International lo accusa per crimini di guerra avendo usato il fosforo bianco sui civili, anche quando continua a violare le “Convenzioni di Ginevra”, anche di fronte ad una serie di risoluzioni e sanzioni dell’ONU in gran parte o bloccate dal veto statunitense o completamente ignorate.
Noham Chomsky, uno dei più importanti intellettuali americani, in un’intervista rilasciata pochi giorni dopo il cessate il fuoco, rivela una soluzione sotterrata nel silenzio, di come “la stampa non ne parla ed anche il mondo culturale non ne parla, ma l’accordo è lì ufficialmente dal 1976, con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza proposta dai maggiori stati arabi e appoggiata dall’OLP. Gli Stati Uniti posero il veto mettendo la risoluzione fuori dalla storia” e continua “ogni volta che si legge di Hamas nei giornali, c’è scritto “Hamas, supportato dall’Iran, vuole distruggere Israele”. Prova a trovare una frase che dica “Il partito di Hamas, democraticamente eletto, che chiede un accordo bilaterale”. E riguardo l’Italia aggiungerei, provate a trovare un solo giornale che abbia menzionato l’articolo del Washington Post del luglio 2006 dove spiega che Hamas ha riconosciuto lo stato israeliano.
Israele ha vinto tutte le guerre degli ultimi 60 anni e può vincere anche questa contro una popolazione disarmata. Ogni sua vittoria aumenta il divario tra il popolo ebraico e quello islamico. La domanda è: la lezione che ne ricavano milioni di giovani islamici che assistono allo sterminio dei fratelli palestinesi come verrà assimilata?
Tornando al professore di cui sopra, cito per concludere: “Due popoli due stati,, è una formula che sancisce una disfatta culturale ed etica perché contraddice l’idea – profondamente ebraica - secondo cui non esistono popoli, ma individui che scelgono di associarsi. E soprattutto contraddice il principio secondo cui gli stati non possono essere fondati sull’identità, sul sangue e sulla terra, ma debbono essere fondati sulla costituzione, sulla volontà di una maggioranza mutevole, cioè sulla democrazia”. Guardando l’evoluzione geografica della cartina palestinese, c’è da chiedersi se c’è ancora qualche illuso che fissandola potrà dire che due popoli e due stati siano ancora possibili. Probabilmente si, ma solo con la consapevolezza di recuperare e rivalutare il giusto ruolo della storia, quella vera.

domenica 18 gennaio 2009

Sette Anime


Titolo originale: Seven pounds
Regia: Gabriele Muccino
Interpreti:

Will Smith ... Ben Thomas
Rosario Dawson ... Emily Posa
Woody Harrelson ... Ezra Turner
Michael Ealy ... Ben's Brother
Barry Pepper ... Dan

Anno: 2008
Paese: USA
Durata: 123'

"Dio creò il mondo in sette giorni, io ho distrutto il mio in sette secondi"

Non è facile giudicare un film come "Sette anime". La nuova fatica dell'accoppiata italo-americana Muccino-Smith, tende la mano ad ambizioni elevate e dai toni rischiosi, e questo è di per sé già un merito, ora bisogna giudicarne la forma. Da dove iniziare? Sicuramente dal titolo. Non riesco a spiegarmi come il regista abbia stravolto il titolo originale (Seven pounds - Sette libbre) visto il significato che si portava dietro, oltretutto rischiando di fuorviare lo spettatore.
Le sette libbre sono una citazione del "Mercante di Venezia" nel quale Antonio, per saldare il suo debito con l'ebreo Shylok, pone come contropartita una libbra della sua carne. Sette sono i debiti che Ben Thomas (Will Smith) sente il dovere di espiare, uno per ogni vita (tra cui quella di sua moglie) spenta in un tragico incidente. Il percorso scelto è una sorta di via crucis nella quale il protagonista cerca, con l'aiuto dell'amico di infanzia Dan (Barry Pepper), sette persone meritevoli a cui concedere una seconda possibilità o una parte di se stesso. Il suo intento vacilla di fronte a Emily Posa (Rosario Dawson) una cardiopatica che gli farà riscoprire emozioni che pensava di aver perso rendendo così ancora più estremo la redenzione finale.
Partendo dal fatto che il film è girato ed interpretato molto bene, il problema di fondo è la sceneggiatura che, partendo da un ottimo spunto, dimentica di dibattere ed approfondire perdendo personaggi per strada salvo recuperarli sul finale. Ed è qui che entra in ballo il senso fuorviante del titolo italiano, delle citate sette anime, ne rimangono si e no due mentre le altre sono di puro contorno o appena abbozzate. Rimane poi un senso di indecisione se affrontare una storia d'amore estrema tra Will Smith e Rosario Dawson, un percorso di redenzione o tutte e due.
L'unico a contrapporsi al progetto di Ben è l'amico di infanzia Dan ma il suo tentativo, oltre che goffo, viene subito zittito dopodiché il personaggio sparisce fino all'epilogo finale quasi a dire che l'idea è e rimane una sola e non può essere discussa. E' una mancanza importante in quanto il protagonista sembra quasi ergersi ad una specie di Dio che giudica chi è buono e chi no, che può aggiustare le loro vite e deciderne il destino, tra cui la propria, ed il tutto non sempre con i dovuti accorgimenti. Per esempio la donna a cui dona la propria casa sul mare, come potrà mantenerla visto il basso tenore di vita? E poi basterà a cambiarle la vita?
L'anziano sulla sedia a rotelle su che base viene aiutato? Solo sul fatto che ha donato dei soldi? Basta questo a reputare una persona buona?
Poi c'è una domanda che mi frulla in testa, che senso avrebbe avuto la redenzione di Ben se avesse offerto la possibilità di redimersi a sette persone poco meritevoli? Non voglio dire che non sia giusto offrire una seconda possibilità a sette persone "buone" ma sarebbe stato molto più interessante e significativa la redenzione di sette persone avverse. Lo so che è una soluzione molto più estrema ma la trovo anche molto intrigante.
Poi ci sono anche delle situazioni inverosimili, non si capisce bene come uno che possiede un solo polmone (l'altro l'ha donato al fratello) riesca a correre come un forsennato sotto la pioggia e a nuotare nell'oceano. Comunque si sa che al cinema molte volte le forzature sono dovute per una continuità della storia e si possono pure accettare.
Insomma alla fine si giunge ad un epilogo tragico ed estremo ma (questo è stato il mio caso sia chiaro) c'è la sensazione che il tutto sia fin troppo costruito per strappare una lacrima più che per emozionare. Facendo un parallelo con "Million dollar baby" Clint Eastwood era riuscito ad emozionare veramente (ho pianto tutte le volte che l'ho visto...)e questo grazie ad una sceneggiatura più veritiera.
Alla fine tirando le somme non sarà sicuramente un capolavoro ma non è neanche un film ridicolo come sintetizzato da molti critici, sta alla sensibilità di ognuno non si può giudicare od etichettare a priori.

VOTI:
Cinematografo: 2/5
Cinema Del Silenzio: 5,5
MyMovies: 2,5/5
FilmTV: 2/5
IMDB: 7,6
Spietati: 4,5
35mm: 4/5
Mio: 6

sabato 17 gennaio 2009

Israele colpisce un'altra scuola gestita dal'Onu


Dal sito di Peacereporter (http://it.peacereporter.net/homepage.php)

Ancora una volta bombe israeliane contro scuole delle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza. Secondo i portavoce dell'esercito con la stella di Davide, la scuola, trasformata in centro di raccolta profughi, sarebbe stata colpita per errore durante una battaglia tra i loro carri armati e i miliziani di Hamas.

Non si sa quanti siano i morti. Secondo alcune testimonianze sarebbero due, secondo altre potrebbero essere una ventina. Tra loro, certamente una donna e suo figlio piccolo.

E' la quarta scuola gestita dall'Onu che viene bombardata dagli isrealiani da quando, ventidue giorni fa, è cominciata l'operazione Piombo Fuso. Oltre alle scuole dell'Onu, i razzi israeliani hanno colpito più volte gli ospedali, hanno distrutto il magazzino della Croce Rossa Internazionale dove erano contenute scorte di cibo e medicine per la popolazione civile, hanno devastato la sede della mezzaluna rossa, e infine hanno distrutto il palazzo dove avevano sede le principali emittenti televisive internazionali e dove lavoravano giornalisti di tutto il mondo.

La scuola colpita si trova nell'area settentrionale di Beit Lahiya. Nell'edificio colpito questa mattina si trovavano civili fuggiti dalle loro case nelle aree di al Atara e al Salatin. Dopo una notte di sporadici colpi d'arma da fuoco, riferiscono i media israeliani, l'aviazione dello stato ebraico ha ripreso i raid nella Striscia attorno alle 05.00 del mattino (ora locale). Sono stati colpiti 50 obiettivi, fra cui 16 tunnel per il contrabbando di armi, due moschee, tre bunker, otto rampe di lancio di missili e sei aree minate. Durante i combattimenti notturni un soldato israeliano è rimasto ferito.

Nella fotosequesnza che vi mostriamo, appare evidente che la scuola è stata colpita da bombe al fosforo, vietate dalle convenzioni internazionali.




venerdì 16 gennaio 2009

La puzza economica comincia a farsi sentire



Guerra e metano : Invasione israeliana e interessi arabi (famiglia Saoud)

Michel Chossudovsky, 8 gennaio 2009
Trad. Nicoletta Forcheri

L’invasione militare della Striscia di Gaza da parte delle forze israeliane riguarda direttamente il controllo e la proprietà di giacimenti strategici di gas offshore.
E’ una guerra di conquista. Enormi riserve di gas, scoperte nel 2000, giacciono al largo delle coste di Gaza.
Ai sensi di un accordo firmato con l’Autorità palestinese, nel novembre del 1999, di 25 anni di validità, sono state accordate delle licenze di sfruttamento degli idrocarburi British Gas Group e al suo partner di Atene, Consolidated Contractors International company (CCC) di proprietà delle famiglie libanesi Sabbagh e Koury.
Le quote della licenza sui giacimenti di gas offshore sono rispettivamente del 60% per BG, del 30% per CCC e del 10% per il Fondo d’investimento dell’Autorità palestinese (cfr. Haaretz, 21 ottobre 2007). L’accordo PA-BG-CCC prevede l’allestimento e la costruzione di un gasdotto (Middle East Economic Digest, 5 gennaio 2001).

La licenza di BG copre tutta la zona marittima al largo di Gaza che è contigua a numerose piattaforme di gas offshore israeliani (vedi piantine). Si noti che il 60% delle riserve di gas lungo la costa di Gaza e di Israele appartengono alla Palestina.

Il Gruppo British Gas ha trivellato due pozzi nel 2000 : Gaza Marine-1 e Gaza Marine-2. British Gas valuta le riserve in oltre 39 miliardi di metri cubi dal valore di circa 4 miliardi di dollari. Sono i dati pubblicati da British Gas, ma le dimensioni delle riserve di gas palestinese potrebbero essere di gran lunga superiori.

Chi è proprietario dei giacimenti di gas.

La questione della sovranità sui giacimenti di gas di Gaza è cruciale. Dal punto di vista giuridico essi appartengono alla Palestina. Ma la morte di Yasser Arafat, le elezioni di Hamas al governo e il crollo dell’Autorità palestinese hanno consentito a Israele di prendere il controllo de facto sulle riserve offshore di Gaza.
E mentre British Gas (BG Group) ha trattato con il governo di Tel Aviv, quello di Hamas è stato boicottato per quel che riguarda le licenze di esplorazione e di produzione dei giacimenti.

L’elezione del Primo ministro Ariel Sharon nel 2001 ha rappresentato una svolta cruciale. La sovranità della Palestina sui giacimenti di gas offshore è stata contestata alla Corte suprema israeliana dove Sharon dichiarò, senza mezzi termini, che "Israele non accetterà mai di acquistare il gas dalla Palestina” lasciando intendere che le riserve di gas al largo di Gaza appartenevano a Israele.

Nel 2003 Ariel Sharon ha opposto il veto a un primo accordo che avrebbe permesso a British Gas di alimentare Israele in metano con le riserve offshore di Gaza (cfr. The Independent, 19 agosto 2003).

La vittoria elettorale di Hamas nel 2006 ha favorito la dismissione dell’Autorità palestinese che è stata accantonata alla Cisgiordania con il mandato di Mahmoud Abbas.

Nel 2006, British Gas “era sul punto di firmare un accordo di pompaggio di gas per l’Egitto” (cfr. Times, 28 maggio 07). Secondo i resoconti, l’allora Primo ministro britannico Tony Blair intervenne per conto d’Israele perché l’accordo con l’Egitto non approdasse. L’anno successivo, nel maggio 2007, il gabinetto israeliano ha approvato una proposta del Primo ministro Ehud Olmert “di acquisto di gas dall’Autorità palestinese”. Il contratto proposto era di 4 miliardi di dollari con utili di 2 miliardi di dollari, di cui un miliardo per i palestinesi. Tuttavia, Tel Aviv non aveva nessuna intenzione di dividere i proventi del gas con la Palestina. Il Gabinetto israeliano ha allora costituito una squadra di negoziatori israeliani per finalizzare un accordo con la BG, scartando sia il governo di Hamas sia l’Autorità palestinese:

"Le autorità della difesa israeliana desiderano che i Palestinesi siano pagati in beni e in servizi e insistono perché non sia corrisposta alcuna somma in denaro al governo controllato da Hamas." (Ibid, enfasi aggiunta)
L’obiettivo era essenzialmente di annullare il contratto firmato nel 1999 tra il Gruppo BG e l’Autorità palestinese di Yasser Arafat.
Ai sensi dell’accordo proposto nel 2007 con BG, il gas palestinese dei pozzi offshore doveva essere convogliato da un gasdotto sottomarino verso il porto israeliano di Ashkelon, in tal modo trasferendo il controllo sulla vendita di metano a Israele.

Ma l’accordo non approda e le trattative vengono sospese:

“Il Capo del Mossad Meir Dagan si è opposto alla transazione per ragioni di sicurezza, temendo che i proventi potessero finanziare il terrorismo".
(cfr. Deputato del Knesset Gilad Erdan, Allocuzione al Parlamento su "L’Intenzione del vice Primo ministro Ehud Olmert di acquistare gas dai Palestinesi anche se i pagamenti servissero ad Hamas" 1 Marzo 2006, citato in Lt. Gen. (ret.) Moshe Yaalon, Does the Prospective Purchase of British Gas from Gaza's Coastal Waters Threaten Israel's National Security? Jerusalem Center for Public Affairs, Ottobre 2007)

L’intenzione di Israele era di evitare l’ipotesi che fossero corrisposte le royalties ai Palestinesi. Nel dicembre del 2007, il Gruppo BG si è ritirato dai negoziati con Israele e nel gennaio 2008 è stato chiuso l’ufficio in Israele.(BG website).

Il piano di invasione in preparazione:

Stando a fonti militari israeliane, il progetto d’invasione di Gaza chiamato «operazione Piombo fuso» è stato iniziato nel giugno 2008:

“Fonti della Difesa hanno dichiarato che il Ministro della Difesa Ehud Barak aveva incaricato le forze della difesa israeliana IDF di preparare l’operazione da più di sei mesi [giugno o prima di giugno], nonostante Israele avesse cominciato a negoziare un accordo di cessate il fuoco con Hamas.” (cfr. Barak Ravid, Operazione “Cast Lead”: L’attacco aereo israeliano avviene dopo mesi di pianificazione, 27 dicembre 2008).

Quello stesso mese le autorità israeliane hanno ripreso contatto con British Gas, al fine di riprendere i negoziati cruciali per l’acquisizione del metano di Gaza:

“Sia il direttore generale del Ministero delle Finanze Yarom Ariav, sia il direttore generale del Ministero delle Infrastrutture nazionali, Hezi Kugler, hanno concordato d’informare BG del desiderio d’Israele di rinnovare le trattative. Le fonti hanno aggiunto che BG non ha ancora risposto ufficialmente alla richiesta d’Israele ma che alcuni dirigenti dell’azienda potrebbero recarsi qualche settimana in Israele per portare avanti i colloqui con alcuni funzionari del governo.” (cfr. Globes online-Israel’s Business Arena, 23 giugno 2008).

La decisione di accelerare i negoziati con British Gas (BG Group) coincide cronologicamente con la pianificazione dell’invasione di Gaza, avviata a giugno. Sembrerebbe che Israele fosse preoccupato di giungere a un’intesa con BG Group prima dell’invasione, in fase avanzata di pianificazione.

Inoltre i negoziati con British Gas sono stati guidati dal governo di Ehud Olmert che sapeva che l’invasione militare era allo studio. Verosimilmente, è stato anche previsto dal governo israeliano il riassetto post bellico politico territoriale della Striscia di Gaza.

Di fatto nel mese di ottobre 2008 i negoziati tra British Gas e i responsabili israeliani erano ancora in atto, due/tre mesi prima dell’inizio dei bombardamenti il 27 dicembre.

A novembre 2008, il ministero israeliano delle Finanze e il ministero delle Infrastrutture incaricavano la Israel Electric Corporation (IEC) di avviare negoziati con British Gas per l’acquisizione di metano proveniente dalla concessione di BG al largo di Gaza. (Globes, 13 novembre 2008).

“Yarom Ariav, direttore generale del Ministero Finanze e Hezi Kugler, direttore generale del Ministero Infrastrutture Nazionali hanno scritto recentemente al presidente di IEC, Amos Lasker, per informarlo della decisione del governo di permettere ai negoziatori di andare avanti conformemente alla proposta quadro approvata precedentemente.
Qualche settimana fa il consiglio di amministrazione di IEC, diretto dal presidente Moti Friedman, ha approvato i principi della proposta quadro. Le trattative con il Gruppo GB inizieranno non appena il consiglio di amministrazione avrà approvato l’esenzione dell’obbligo di gara” (Globes, 13 novembre 2008)


Gaza e la geopolitica energetica

L’occupazione militare di Gaza si prefigge di trasferire la sovranità sui giacimenti di gas a Israele, in violazione del diritto internazionale.

Che cosa si può prevedere in seguito all’invasione?

Quali sono le intenzioni di Israele per quel che riguarda le riserve di gas della Palestina ?

Un nuovo accordo territoriale con il posizionamento di truppe israeliane e/o la presenza di “forze di mantenimento della pace”?

La militarizzazione di tutto il litorale di Gaza che è strategico per Israele ?

La confisca pura e semplice dei giacimenti di gas palestinese e la dichiarazione unilaterale della sovranità israeliana sulle zone marittime della Striscia di Gaza?

Se dovesse essere il caso, i giacimenti di gas di Gaza sarebbero integrati agli impianti offshore di Israele che sono adiacenti.
Queste diverse piattaforme offshore sono anche collegate al corridoio di trasporto energetico israeliano che arriva fino al porto di Eilat, terminale petrolifero, sul mar Rosso fino al terminale marittimo dell’oleodotto di Ashkelon, e verso nord ad Haifa, e si collegherebbe eventualmente grazie ad un oleodotto turcoisraeliano “proposto” fino al porto turco Ceyhan.
Ceyhan è il terminale dell’oleodotto del Caspio Baku Tbilisi Ceyhan (BTC). «Si prevede di collegare l’oleodotto gasdotto BTC al pipeline israeliano Eilat-Ashkelon, anche noto con il nome Israel Tiplinel» (Cfr Michel Chossudovsky, The War on Lebanon and the Battle for Oil, Global Research, 23 juillet 2006).

www.mercatoliberotestimonianze.blogspot.com/2009/gaz-gaza.html http://www.stampalibera.com/?p=1264

martedì 13 gennaio 2009

Ricordando De Andrè

In questi giorni di guerra, quale modo migliore per ricordare il poeta cantautore per eccellenza se non "La guerra di Piero".

giovedì 8 gennaio 2009

Ancora Gaza, chiarimenti doverosi per capire.


Il NYTimes di oggi pubblica un articolo interessante di Rashid Khalidi, professore di studi arabi alla Columbia, autore di “Sowing Crisis: The Cold War and American Dominance in the Middle East”.

* * *

Quello che non sapete su Gaza
di Rashid Khalidi

Quasi tutto quello che siete stati portati a credere su Gaza è sbagliato. Alcuni punti essenziali sembrano mancare dal discorso, svoltosi per lo più sulla stampa, circa l’attacco di Israele alla striscia di Gaza.

Il popolo di Gaza
La maggioranza di chi vive a Gaza non è lì per scelta. Un milione e cinquecentomila persone stipate nelle 140 miglia quadrate della striscia di Gaza fanno parte per lo più di famiglie provenienti dai paesi e dai villaggi attorno a Gaza come Ashkelon e Beersheba. Vi furono condotte a Gaza dall’esercito israeliano nel 1948.

L’occupazione
Gli abitanti di Gaza vivono sotto l’occupazione israeliana dall’epoca della Guerra dei sei giorni (1967). Israele è tuttora considerata una forza di occupazione, anche se ha tolto le sue truppe e i suoi coloni dalla striscia nel 2005. Israele controlla ancora l’accesso all’area, l’import e l’export, e i movimenti di persone in ingresso e in uscita. Israele controlla lo spazio aereo e le coste di Gaza, e i suoi militari entrano nell’area a piacere. Come forza di occupazione, Israele ha la responsabilità di garantire il benessere della popolazione civile della striscia di Gaza (Quarta Convenzione di Ginevra).



Il blocco
Il blocco della striscia da parte di Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, si è fatto sempre più serrato da quando Hamas ha vinto le elezioni per il Consiglio Legislativo Palestinese nel gennaio 2006. Carburante, elettricità, importazioni, esportazioni e movimento di persone in ingresso e in uscita dalla striscia sono stati lentamente strozzati, causando problemi che minacciano la sopravvivenza (igiene, assistenza medica, approvvigionamento d’acqua e trasporti).
Il blocco ha costretto molti alla disoccupazione, alla povertà e alla malnutrizione. Questo equivale alla punizione collettiva –col tacito appoggio degli Stati Uniti- di una popolazione civile che esercita i suoi diritti democratici.

Il cessate-il-fuoco
Togliere il blocco, insieme con la cessazione del lancio dei razzi, era uno dei punti chiave del cessate-il-fuoco fra Israele e Hamas nel giugno scorso. L’accordo portò a una riduzione dei razzi lanciati dalla striscia: dalle centinaia di maggio e giugno a meno di venti nei quattro mesi successivi (secondo stime del governo israeliano). Il cessate-il-fuoco venne interrotto quando le forze israeliane lanciarono un imponente attacco aereo e terrestre ai primi di novembre; sei soldati di Hamas vennero uccisi.

Crimini di guerra
Colpire civili, sia da parte di Hamas che di Israele, è potenzialmente un crimine di guerra. Ogni vita umana è preziosa. Ma i numeri parlano da soli: circa 700 palestinesi, per la maggior parte civili, sono stati uccisi da quando è esploso il conflitto alla fine dello scorso anno. Per contro, sono stati uccisi 12 israeliani, per la maggior parte soldati. Il negoziato è un modo molto più efficace per affrontare razzi e altre forme di violenza. Questo sarebbe successo se Israele avesse rispettato i termini del cessate-il-fuoco di giugno e tolto il suo blocco dalla striscia di Gaza.
Questa guerra contro la popolazione di Gaza non riguarda in realtà i razzi. Né riguarda il “ristabilire la deterrenza di Israele”, come la stampa israeliana vorrebbe farvi credere. Molto più rivelatrici le parole dette nel 2002 da Moshe Yaalon, allora capo delle Forze di Difesa israeliane:”Occorre far capire ai palestinesi nei recessi più profondi della loro coscienza che sono un popolo sconfitto.”

venerdì 2 gennaio 2009

Buon anno?



Si fa a fatica a pensare che sarà un buon anno. Il 2008 si è chiuso in modo orrendo ma il 2009 si apre in modo peggiore e non si sa bene quanto la situazione punti a degenerare. Quello che sta succedendo a Gaza è vomitevole ma a nessuno frega. Tutti si nascondono dietro alla parola terrorismo o Hamas ma basta fare un rapido giro su internet in quei siti dove la notizia reale, imparziale e neutra esiste ancora, per capire quanto siamo lontani dalla realtà e quanto i nostri giornali (?) o telegiornali (??) siano falsi e schierati.
Far passare dei missili capaci di "danni limitati" (a detta dei giornalisti) e che non hanno quasi mietuto vittime, come dei fatti ben più gravi di bombardamenti che hanno mietuto oltre 400 vittime e un numero sconsiderato di feriti dovrebbe da solo far capire che c'è qualcosa che non va.

Si va dicendo che Hamas non ha rispettato la tregua con il suo lancio di missili, peccato non sia così. Le cronache raccontano come il 13 novembre Israele violò la tregua uccidendo 6 palestinesi (badate bene PALESTINESI e non terroristi o affiliati di Hamas), raccontano di come prima dei bombardamenti ne siano stati uccisi altri 49 mentre Israele non ha ricevuto attacchi o subito perdite. Si continua a dire che Hamas ha lanciato missili su Israele ma nessuno si chiede da cosa derivi questo attacco insulso visto l'evidente differenza tra le forze in campo. Quanti sanno che Gaza è cinta d'assedio da mesi, che la gente muore in quanto non riceve aiuti continuamente negati da Israele? A Gaza si sta perpretando un genocidio mascherato sotto un attacco ad Hamas nel silenzio generale.
Nessuno si è ancora chiesto perché dall'America nessuno batta un colpo (a parte Obama mentre gioca tranquillamente a golf...)? Forse perché le bombe utilizzate da Israele sono state fornite dagli americani stessi per la difesa contro un eventuale attacco(?) iraniano?
Cominciamo ad aprire gli occhi che forse è meglio, cominciamo a ricercare un informazione più giusta:

www.peacereporter.net
www.luogocomune.net
www.comedonchisciotte.org

e per le notizie dei bombardamenti su Gaza:
www.infopal.it
www.uruknet.info

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