venerdì 20 giugno 2008

Un silenzio tutto italiano (3)

Dal sito www.peacereporter.com
Italia - 20.6.2008
Crimine impunito
La Cassazione decide di non processare Lozano. Un documentario dimostra che sbaglia

I giudici della Corte di Cassazione italiana hanno deliberato, ieri in serata, che non ci sarà nessun processo per il soldato statunitense Mario Lozano che, il 4 marzo 2005 a Baghdad, ha ucciso l'agente del Sismi Nicola Calipari e ha ferito la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena e un altro agente del Sismi.

Mancanza di coraggio. I giudici della I sezione penale hanno rigettato il ricorso presentato dalla Procura di Roma, e dalle parti civili, contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Roma il 25 ottobre 2007 aveva dichiarato ''il difetto di giurisdizione'' della magistratura italiana ad occuparsi di processare Lozano.

''Era prevedibile. E' un parere personale, che non c'entra nulla con il nostro lavoro, ma credo che il governo non avesse alcun interesse a riaprire il caso''. Commenta così la sentenza Emanuele Piano, autore assieme a Fulvio Benelli di Calipari Friendly Fire, documentario prodotto dalla Oybo Productions che sarà trasmesso da al-Jazeera International il 25 giugno prossimo.

Un'inchiesta che mette in luce tutta una serie di contraddizioni che smentiscono la versione ufficiale sulla morte dell'agente del Sismi.

''Ad oggi, sul caso Calipari, non si e' mai arrivati a un dibattimento sulle vere responsabilità e sulle dinamiche dell'incidente. Ha prevalso dunque il 'difetto di giurisdizione', paventato da subito nelle aule di giustizia italiane, ma non si è mai entrati nel merito di cosa sia realmente accaduto la sera del 4 marzo 2005 a Baghdad, sulla strada che portava all'aeroporto'', commenta Piano.

Una versione ufficiale che non convince. La famiglia Calipari e l'opinione pubblica italiana, dunque, devono accontentarsi della versione ufficiale. Un soldato Usa, Mario Lozano, sotto pressione, che si rende protagonista di un tragico incidente. Le regole d'ingaggio rispettate, Calipari molto sfortunato. Giustizia è stata fatta? ''No. Affatto. Gli Stati Uniti hanno nominato una commissione d'inchiesta, che alla fine ha ritenuto che i militari statunitensi avessero rispettato le regole d'ingaggio, avevano segnalato il posto di blocco, accendendo la luce e sparando colpi d'avvertimento, e solo dopo avevano ingaggiato l'auto sulla quale viaggiavano la Sgrena, Calipari e Carpani, che era al volante, perché non si era fermata. Si sono, in pratica, autoassolti - commenta il giornalista - Un vero processo non è mai stato celebrato''.

Solo la commissione, quindi, che non ha prodotto neanche un rapporto condiviso. ''In quella commissione c'erano anche due generali italiani, che ne hanno rigettato le conclusioni, rendendo pubblico un loro controrapporto nel quale smentivano sostanzialmente la ricostruzione Usa - racconta Piano - Il posto di blocco non era segnalato e i militari statunitensi non avevano rispettato le regole d'ingaggio. A parere dei generali italiani, inoltre, emergevano delle responsabilità della catena di comando, che avevano mantenuto quella pattuglia in zona nonostante il convoglio di John Negroponte, all'epoca governatore Usa in Iraq, fosse già passato per raggiungere l'aeroporto. No, non si può dire che sia stata fatta giustizia. Perché non e' stata fatta chiarezza''.

Zone d'ombra. E i punti oscuri sono tanti. Il vostro lavoro smonta alcuni aspetti di questa versione. Quali?

''In primo luogo non ha sparato solo Mario Lozano. E questo è un altro paradosso di questa storia. Nei tribunali italiani, fino a ora, si è discusso solo sul fatto che sussistesse o meno la giurisdizione italiana sul caso. Esistono però tutta una serie di documenti, come le perizie di parte, che dimostrano come i colpi sparati verso l'auto non provenissero solo dall'arma in dotazione a Mario Lozano. Ma mancando il dibattimento, questo e altri elementi restano ai margini della vicenda, restando solo verità extragiudiziali, che non vedranno mai un dibattimento nel quale essere verificate''. Ma non finisce qui.

''Basta pensare alla vicenda paradossale grazie alla quale è venuto fuori il nome di Mario Lozano. Un blogger greco che copia incolla il rapporto con gli omissis e, in fondo, c'erano tutti i nomi dei militari coinvolti. Noi oggi sappiamo chi ha sparato a Nicola Calipari, ma l'Italia non può processarlo perchè non ha giurisdizione sull'omicidio di un cittadino italiano commesso in territorio straniero. Solo, però, perché è un militare statunitense''. Questo difetto di giurisdizione non è stato un limite in altri, tragici, episodi. ''In altri casi non è andata cosi', e la Procura di Roma ha aperto inchieste su cittadini italiani uccisi all'estero, arrivando a chiedere l'estradizione dell'omicida. Basti pensare al caso Ilaria Alpi: un cittadino somalo è in carcere per l'omicidio della giornalista italiana'', commenta Piano. ''Perché nel caso Alpi si e nel caso Calipari no? Perché l'omicida è un miliziano e non un soldato? Non c'è una sentenza che potrebbe essere recepita dall'Italia, visto che Mario Lozano non è stato processato''.

I dubbi non mancano neanche sul fronte Usa. Nel documentario è raccolta la testimonianza di Wayne Madsen, ex agente segreto Usa, secondo cui gli Usa sapevano che Calipari era in azione, essendo stato localizzato dal sistema Nsa. ''Una delle tesi Usa, che fa acqua da tutte le parti, è che non erano a conoscenza del fatto che Calipari fosse andato in Iraq per liberare Giuliana Sgrena. Calipari non è arrivato da solo, ma con lui c'erano almeno altre sei persone venute dall'Italia per questa operazione. Il gruppo è stato accolto all'aeroporto di Baghdad dal generale italiano Mario Marioli, vice comandante delle forze in Iraq, e dal suo assistente, il capitano Usa Green. Sapevano che era arrivato un agente del Sismi a Baghdad. A fare cosa?''. A liberare la Sgrena, of course. ''Era ovvio. E gli statunitensi conoscevano il luogo dove era tenuta prigioniera la Sgrena e lo controllavano. E' presumibile che i militari Usa fossero quindi a conoscenza che l'ostaggio era stato spostato in vista della liberazione. Madsen racconta che il segnale di Calipari era stato intercettato, quindi sapevano che era andato a liberare la Sgrena. Solo che qui emerge l'altro aspetto oscuro della vicenda. La trattativa. Gli Usa erano pronti al blitz armato, convinti sostenitori del fatto che con i rapitori non si doveva trattare. Gli italiani avevano, invece, l'ordine di pagare. La legislazione italiana, in realtà, prevede il congelamento dei beni dei familiari in questi casi. Per i rapimenti in Iraq non è andata così. E' una vicenda delicata per l'Italia, sia a livello di rapporti internazionali che a livello di politica interna. C'è la sensazione che, anche per questo, l'Italia non ha interesse a riaprire questa vicenda. Resta una vittima e due versioni dei fatti: una statunitense e una italiana. E non ci sarà mai un giudice, né negli Usa né in Italia, che stabilirà chi è colpevole o innocente''.

giovedì 19 giugno 2008

Piccolo sondaggio

Secondo voi cosa stanno festeggiando?

  1. Il passaggio del turno;
  2. I 250.000 € di bonus guadagnati;
  3. Il decreto sicurezza, con l'emendamento salva-Berlusconi;
  4. L'inizio dell'estate;
A voi l'ardua sentenza....

mercoledì 18 giugno 2008

Un silenzio tutto italiano (2)

Dal Corriere della Sera

ORRORE A VERONA

Danno fuoco a dipendente rumeno
Volevano intascare la sua assicurazione

In manette è finita una coppia di fidanzati italiani, datori di lavoro della vittima il cui corpo carbonizzato è stato trovato nella sua auto. La donna sarebbe stata la beneficiaria dell'assicurazione del romeno

Verona, 10 giugno 2008 - I carabinieri di Caprino Veronese hanno arrestato nella notte due italiani, un 35enne ed una 31enne, per l'omicidio di Adam Ioan, il rumeno trovato carbonizzato nella sua auto sabato scorso nei pressi di Cavaion (Verona).

Sono accusati di omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. I due, secondo quanto si e' appreso, sono titolari di una ditta di autotrasporto presso la quale lavorava il romeno. Quest'ultimo, sempre secondo quanto si e' appreso, avrebbe stipulato un'assicurazione da circa 1 milione di euro il cui beneficiario sarebbe stata l'indagata.

Domanda come mai nessuno ne ha parlato?? Ah già è vero gli immigrati sono tutti dei delinquenti mentre noi.....

sabato 14 giugno 2008

Il Divo

Regia:
Paolo Sorrentino
Interpreti:
Toni Servillo ... Giulio Andreotti
Anna Bonaiuto ... Livia Danese
Piera Degli Esposti ... Signora Enea
Paolo Graziosi ... Aldo Moro
Giulio Bosetti ... Eugenio Scalfari
Flavio Bucci ... Franco Evangelisti
Carlo Buccirosso ... Paolo Cirino Pomicino
Giorgio Colangeli ... Salvo Lima
Alberto Cracco ... Don Mario
Lorenzo Gioielli ... Mino Pecorelli
Gianfelice Imparato ... Vincenzo Scotti
Massimo Popolizio ... Vittorio Sbardella
Aldo Ralli ... Giuseppe Ciarrapico
Durata: 110'
Paese: Italia, Francia
Anno: 2008

"Se non potete parlare bene di una persona, non parlatene"

Si comincia con un glossario per presentare i termini fondamentali degli anni di piombo italiani (DC, Brigate Rosse, P2...) si continua con una serie di omicidi avvolti tuttora (o quasi) nel mistero (Lima, Pecorelli, Calvi, Sindona, Dalla Chiesa, Ambrosoli, Moro, Falcone), si finisce con la presentazione (con fischiettio alla Morricone e introduzione tarantiniana degli uomini politici: Pomicino alias "O' Ministro", Evangelisti alias "Limone", Ciarrapico alias "Il Ciarra", Sbardella detto "Lo Squalo", Lima "Sua Eccellenza" e il Cardinale Fiorenzo Angelini "Sua Sanità") degli uomini fondamentali nella corrente di Andreotti, è l'inizio del suo settimo Governo. Insomma ecco a voi "Il Divo", ecco a voi la visione cinematografica di Paolo Sorrentino: grottesco, illuminante, fantasioso, visionario, ironico, inquietante. Un cinema fatto di movimenti di macchina poco consoni nel panorama nostrano, di dialoghi taglienti ed efficaci, di pause e ritmi vertiginosi. E poi c'è lui Toni Servillo, attualmente, il miglio attore italiano sulla piazza, un "divo" perfetto su cui ha ricamato un lavoro di postura e voce incredibile. La figura di Andreotti non era certo facile da rappresentare e, soprattutto, raccontare, ancora di più visto che girare un film su un personaggio vivente è ancora più complicato. Poi c'è la sua ambiguità, i suoi misteri, il suo immobilismo (emblematica la scena del Parlamento dove tutti baruffano e lui rimane inerte ad osservare), l'essere protagonista sempre ed in modo occulto, la sua figura non si vede ma si sente ancora oggi. Troppo facile prendere posizione, accusare, c'era il rischio di perdersi in un circolo vizioso, ma nel passato (Le Conseguenze dall'amore, L'amico di famiglia), Sorrentino ha dimostrato di trovarsi a proprio agio con personaggi ambigui e anche questa volta non fallisce il colpo perché ad interessarlo è l'uomo Giulio alias "Belzebù, il Papa nero, il divo...". Andreotti sembra essere sempre avvolto nell'oscurità, difficile trovare sprazzi di luce quando è solo, perfino al mattino nel suo ufficio in piena battuta di sole. Il divo è un uomo prigioniero della sua emicrania e dell'ombra di Moro, un regista occulto che ama giocare con le parole, al prete (con cui parla perché a differenza di Dio votano) che gli chiede "Perché ti circondi di uomini poco raccomandabili?", risponde "Padre, un albero per crescere ha bisogno di concime". A chi, come Scalfari, lo attacca rammentandogli tutti i "casi" della sua vita politica, risponde come sia un "caso" che continui a lavorare al giornale grazie ai suoi interventi.
Difficile, forse impossibile metterlo all'angolo, ma il regista napoletano lo mette a nudo, peccato solo che due ore non bastino anche perché della sua maestria si sentiva il bisogno.

"Ho la coscienza di essere di statura media, ma se mi giro attorno non vedo giganti…"

Voti:
CinemaDelSilenzio: 8
35mm: 4,5/5
IMDB: 7,9
Mymovies: 3/5
MIO: 9

martedì 3 giugno 2008

Un silenzio tutto italiano

Matteo Garrone e "Gomorra", Paolo Sorrentino e "Il Divo". Due grandi registi, due grandi film, due grandi successi all'edizione 2008 di Cannes, premiati il primo con il Grand Prix e il secondo con il Premio della giuria. Il cinema italiano torna a farsi grande ma pochi sembrano essersene accorti e ancora meno vogliono farlo notare.... Un tempo una doppietta del genere in terra di Francia avrebbe fatto sfracelli, si sarebbe parlato, discusso delle tematiche proposte. Oggi troviamo il silenzio e i miseri commenti di Pino Daniele, preoccupato dal fatto che si parli di certi argomenti nel cinema italiano, e dell'inutile Afef capace di dichiarare che "i panni sporchi si lavano in casa", verrebbe da chiederle in quale casa visto che lei italiana non è se non per convenienza e profitto..... Naturalmente dal neo Ministro della Cultura (sic) Sandro Bondi solo il nulla come quello che si ritrova nella testa totalmente occupata dalla figura del suo padre padrone. Naturalmente "Gomorra" (che ho già visto ieri sera ndr) e "Il Divo" li vedrò perché sarebbe veramente ora di lavarli questi panni.

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