lunedì 27 luglio 2009

Bruce - The Boss di nome e di fatto.



160 minuti di adrenalina, rock, energia, Bruce - The Boss - Spingsteen spazza via l'eco dei suoni campionati e finti di Madonna con la sua voce roc(k)a ed un bagaglio musicale inarrivabile per la signora Ciccone. La ciliegina sulla torta è rappresentata sicuramente dalla storica E Street Band di cui, umilmente, il cantante si definisce un membro del gruppo e non il leader.
Dopo l'apertura sulle note della tarantella, in omaggio all'Italia, Bruce scatena tutta la sua furia musicale esaltando il pubblico accorso all'urlo di "Mandi Udin", pochi secondi e la gente friulana e non, è già sua. La cosa sorprendente è proprio l'approccio e il feeling con il pubblico, tanto da lasciarsi strattonare, toccare, "palpare", dai fan in visibilio senza problemi, anzi sorridendo nei momenti in cui ha fatto fatica a divincolarsi.
Ma l'apoteosi la raggiunge quando sciorina stentatamente la frase "O soi content di sta chi cun voatris ste sere", insomma in poche parole lo stadio è un tripudio mai visto (almeno per me e ne ho visti di concerti). The Boss segue l'onda dell'entusiasmo e invita il pubblico a fare rumore perchè lui e la sua band ne hanno tremendamente bisogno. Il trionfo è alimentato da passeggiate, corse, siparietti con il pubblico, tra cui la chitarra di gomma che il cantante fa finta di suonare, la ricerca di cartelli tra il pubblico con i titoli delle canzoni in scaletta da esibire all'inizio di ogni attacco all'urlo "One, two, three". Il gruppo è un rullo compressore che si ferma solo quando il cantautore invita tutti al silenzio per porgere ad un bambino il microfono proseguendo "Waitin' on a sunny day" al suo posto. Ma non è finita qui, si prosegue con il ballo con una fan che, siamo certi, non laverà più i vestiti mettendoli in bacheca, si diverte annunciando "Born in the USA" con un cartello che ritrae un neonato con la sua faccia, "Bello piccolo Boss, baby Boss" e tanta tanta energia.
E cosa dire poi della gag organizzata verso la fine.
Bruce, fingendosi ormai privo di forze, si inginocchia sul palco e fa cenno al chitarrista della band di recuperare un cartello e una miracolosa pozione magica in grado di rianimarlo.
Il cartello recita HI BRUCE GRAPPA IS HERE (Ciao Bruce, la grappa è qui). Cartello e bevanda miracolosa recuperata con versamento della stessa sul viso del Boss che miracolosamente si rianima. Eccezionale.
Ed ecco le 25 perle servite dal Boss dalle 21.07 alle 23.47, per 2 ore e 40 di concerto filato: Sherry Darling, Badlands, Hungry Heart, Outlaw Pete, Darlington County, Something In The Night, Working On A Dream, Murder Incorporated, Johnny 99, No Surrender, Summertime Blues, Be True, Streets of Fire, My Love Will Not Let You Down, Waiting On A Sunny Day, The Promised Land, American Skin (41 Shots), Lonesome Day, The Rising, Born To Run, Born In The USA, American Land, Bobby Jean, Dancing In The Dark, Twist & Shout.

Voto finale: 10 con lode

venerdì 17 luglio 2009

Sono Guybrush Threepwood, un temibile pirata



Ai più giovani questa battuta non rimembra niente, ma ai più "anzianetti" ricorda uno dei personaggi, ed uno dei videogiochi, più belli ed indimenticabili della storia ludica. Era il 1990 quando Ron Gilbert, Tim Schafer e Dave Grossman idearono e realizzarono per la LucasArts "The Secret of Monkey Island". La notizia di questi giorni è che i tre si sono riuniti per rieditare ed aggiornare graficamente e musicalmente, lo storico capolavoro, ed io non vedo l'ora di rigiocarlo. Rivedremo Elaine, LeChuck, Stan e rivivremo i mitici duelli ad insulti.
W i giochi di una volta molto più semplici, umani e veri.

giovedì 9 luglio 2009

Rotta verso l'inferno



Tratto dal sito di peacereporter

Rilasciati alcuni attivisti che tentavano di raggiungere Gaza via mare, ma la situazione umanitaria nella Striscia resta drammatica

Un premio Nobel o un seggio del Congresso Usa non mettono al riparo dalla dura legge d'Israele.
L'irlandese Mairead Maguire, cofondatrice dell'organizzazione Community of Peace People in prima linea per la soluzione del conflitto nordirlandese e vincitrice del Nobel per la Pace nel 1976, e Cynthia McKinney, attivista pacifista Usa ed ex deputata, sono state arrestate il 30 giugno scorso e detenute per una settimana con altri 19 componenti della delegazione pacifista del movimento Free Gaza.
Un carico di speranze. Erano tutti a bordo dell'imbarcazione Spirit of Humanity, decisa a rompere l'embargo che soffoca Gaza dal gennaio 2006, quando il movimento islamista Hamas ha vinto le elezioni in Palestina. Un vero e proprio assedio: non entrano generi di prima necessità e nessuno del milione e mezzo di palestinesi che abitano la Striscia può uscire, neanche quelli vecchi e malati.
La nave era carica di giocattoli e medicinali, ma per il governo israeliano rappresentavano un pericolo grave. La marina militare israeliana ha abbordato il natante, arrestato gli attivisti e confiscato il mezzo con tutto il carico di aiuti umanitari per la popolazione civile della Striscia di Gaza. La Maguire e la McKinney sono state rilasciate, assieme ad altri sei attivisti, ieri e sono rientrate a Londra. Gli altri restano in carcere e oggi, per chiedere la loro liberazione, una delegazione di parlamentari europei ha chiesto e ottenuto di incontrare Javier Solana, responsabile della politica estera dell'Unione europea. Con loro saranno ricevuti anche alcuni esponenti del movimento End the Siege, che si batte per la fine dell'embrago a Gaza.

Abuso di potere. La situazione non è nuova e i dimostranti di Free Gaza sono stati fermati con gli stessi mezzi anche in altre occasioni. Come in passato è molto improbabile che l'Ue o la comunità internazionale chieda conto al governo israeliano di un comportamento che viola tutte le norme internazionali sul sostegno umanitario e quelle di buon senso di un Paese che ama definirsi 'l'unica democrazia del Medio Oriente'. Resta l'occasione di fare un bilancio della situazione umanitaria a Gaza, che era disastrosa e rimane tale, anche se nessuno ne parla più dopo l'operazione militare Piombo Fuso dell'esercito israeliano della fine dello scorso anno.

La Striscia abbandonata. Le notizie sono frammentate, anche perché non vengono concessi visti giornalistici da parte del ministero dell'Informazione di Tel Aviv per entrare nella Striscia. Per mesi l'unica fonte di informazioni sul campo sono state le organizzazioni non governative e le missioni umanitarie. Sempre meno, però, sono quelle che riescono a entrare. E' il caso di un équipe di medici francesi, allestita dal ministero degli Esteri di Parigi, che è ferma da dieci giorni al valico di Erez, tra Israele e Gaza, in attesa dei permessi d'ingresso. "Ci negano l'ingresso nella Striscia di Gaza, senza alcuna spiegazione", ha dichiarato alla France Presse Christophe Oberlin, medico francese e responsabile della missione composta da quattro chirurghi francesi, tre britannici e due spagnoli. Il programma della missione - ha spiegato lo stesso Oberlin - è quello di curare un numero consistente di pazienti, di cui oltre la metà bambini feriti durante l'offensiva militare israeliana di gennaio in cui morirono oltre 1.400 palestinesi.
Al tempo stesso, i medici europei dovrebbero avviare un programma di formazione in chirurgia e microchirurgia per i colleghi locali Gaza. Niente di tutto questo è possibile. Mentre, dentro l'assedio, l'acqua scarseggia sempre più e la salinità delle falde iper sfruttate sta comportando gravi danni per la salute dei palestinesi. L'elettricità, poi, è garantita solo da generatori, con tutte le conseguenze sanitarie che si possono immaginare. I palestinesi della Striscia sono alla fame, perché non riescono a vendere a nessuno i prodotti agricoli e perché non passano la frontiera le derrate alimentari delle quali necessitano.

Una situazione disastrosa. Un quadro attuale della situazione è offerto da un rapporto della Croce Rossa Internazionale, reso noto alla fine di giugno. La situazione rilevata sul territorio dagli ispettori della Cri è stata paragonata a quella di una zona colpita da un sisma devastante. ''Il blocco imposto alla Striscia di Gaza da parte delle autorità israeliane impedisce alla popolazione di ricostruire la propria vita", denuncia il documento, "i quartieri di Gaza più duramente colpiti dagli attacchi israeliani continueranno a sembrare l'epicentro di un terremoto fino a quando non verrà autorizzato l'invio nel territorio di cemento, acciaio e altro materiale di costruzione". La Croce Rossa denuncia che la mancanza di servizi essenziali è imputabile anche alla rivalità fra Hamas e Fatah e scrive che il lancio di missili Qassam dalla parte di militanti palestinesi della Striscia mette a rischio migliaia di abitanti della parte meridionale d'Israele. Questo è vero, ma resta il fatto che bloccare giocattoli e medicine non è il modo migliore per dimostrarsi migliori dei guerriglieri palestinesi.

Christian Elia (peacereporter)

mercoledì 8 luglio 2009

Crescono le voci sull’espulsione dell’Italia dai G8 mentre i piani del vertice sprofondano nel caos

Traduzione da un'articolo apparso sul "The Guardian" lunedì 6 luglio.

Mentre gli Stati Uniti cercano di essere propositivi riguardo al vertice, l’Italia viene criticata per la mancanza di organizzazione e per aver disatteso gli impegni per gli aiuti ai paesi poveri.

Stando a quanto sostengono alti funzionari di Paesi occidentali, i preparativi per il G8 che si terrà nella città de l’Aquila mercoledì prossimo sono stati talmente caotici da far crescere le pressioni degli altri Stati membri per espellere l’Italia dal gruppo. Nelle ultime settimane precedenti al vertice, in mancanza di iniziative significative per definire l’ordine del giorno, gli Stati Uniti sono subentrati organizzando i cosiddetti sherpa calls (teleconferenze tra alti funzionari) in un estremo tentativo di dare un senso al vertice.

“L’organizzazione di sherpa calls da parte di un altro Paese è senza precedenti. È una sorta di ‘opzione nucleare’”, ha affermato un alto funzionario di uno stato membro dei G8. “Gli italiani sono stati semplicemente terribili. Non ci sono stati né programmi né piani”. “Il G8 è un club e i membri del club hanno precisi doveri, che l’Italia ha disatteso”, ha dichiarato un funzionario europeo coinvolto nell’organizzazione.

Voci di corridoio sembrano ventilare l’ipotesi di un’espulsione dell’Italia dal G8 o da qualsiasi altro gruppo che dovesse succedergli. Aleggia tra le capitali europee il nome della Spagna, che potrebbe sostituire l’Italia, un paese con un reddito pro-capite più elevato ed una maggiore percentuale del PIL destinata agli aiuti.

Ieri il Ministro degli Esteri italiano non ha replicato a chi chiedeva di commentare tali critiche. “I preparativi italiani per il vertice sono stati caotici dall’inizio alla fine” ha affermato Richard Gowan, analista presso il Centro per la Cooperazione Iinternazionale della New York University. “Gli italiani sin da gennaio andavano dicendo di non avere una visione chiara del vertice e che avrebbero volentieri accettato istruzioni dagli americani, qualora l’amministrazione Obama avesse avuto qualsiasi idea”.

Gli incontri guidati dagli Stati Uniti sono sfociati in un accordo su un’iniziativa relativa alla sicurezza alimentare alcuni giorni prima del vertice de L’Aquila, la cui portata deve essere ancora negoziata. Gordon Brown ha dichiarato che il Regno Unito contribuirà con 1.1 miliardi di sterline al progetto, finalizzato all’aiuto degli agricoltori nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, i funzionari che hanno visionato il resto della dichiarazione congiunta affermano che vi sono pochi elementi di novità. I critici sostengono che il governo Berlusconi ha compensato questa mancanza di sostanza allungando la lista degli invitati. Secondo alcune stime i Capi di Stato e di Governo che arriveranno a L’Aquila andranno dai 39 ai 44.

“Si tratta di una burla gigantesca”, ha sentenziato Gowan. “Gli italiani non hanno idee e hanno deciso che la cosa migliore da fare è quella di spalmare l’ordine del giorno in modo così sottile da nascondere il fatto di non averne alcuno”.

Silvio Berlusconi è stato pesantemente criticato per aver disatteso le promesse sugli aiuti allo sviluppo fatte quattro anni fa, stanziandone solo il 3%, e per aver pianificato tagli per oltre il 50% del budget riservato agli aiuti per l’estero.

Nel frattempo, le pagine dei giornali si sono riempite di notizie sulle feste di Berlusconi con giovani donne, seguite da lodi alla saggezza per aver deciso di organizzare il vertice in una regione sconvolta dalle scosse di assestamento tre mesi dopo un terremoto devastante, come gesto di solidarietà nei confronti della popolazione locale.

Le pesanti critiche rivolte all’Italia giungono in un momento in cui il futuro del G8 come forum destinato a fronteggiare i problemi del mondo è fortemente messo in discussione. All’inizio dell’anno il G20, che include anche le economie emergenti, era stato identificato come un possibile sostituto. Tuttavia durante il G20 di Londra, che si è tenuto ad aprile, il vertice è apparso come uno strumento troppo ingombrante per i funzionari statunitensi.

Il possibile sostituto per il G8 sembra essere con ogni probabilità tra i 13-16 paesi forti (inclusi quelli emergenti come la Cina, l’India, il Brasile, il Messico e il Sud Africa) che attualmente partecipano agli incontri come gli “outreach five” (“i cinque emergenti”). Ma qualsiasi transizione sarebbe dolorosa poiché i Paesi farebbero a gara per la poltrona.

L’espulsione dell’Italia è vista come possibile, ma l’entrata della Spagna al suo posto sembra alquanto improbabile. Gli Stati Uniti e le economie emergenti già considerano il gruppo esistente come troppo euro-centrico e preferirebbero una rappresentanza UE unificata. Molto improbabile, dato che nessuno Stato europeo vuole cedere il posto.

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