venerdì 16 maggio 2008

Il Mattino Dopo

Ariano uscì dal proprio ufficio e cominciò a percorrere il corridoio i cui muri, bianchi come il latte, erano illuminati a giorno come se chi ci abitasse, avesse paura che qualsiasi ombra potesse sfuggire minacciosa agli occhi vigili di qualcuno. Era mattina presto probabilmente le 7, ormai non faceva più caso alle ore che passavano il suo corpo reagiva autonomamente senza bisogno di impulsi esterni come poteva essere una sveglia. Ogni angolo era sorvegliato da uomini in nero con gli occhi oscurati a specchio da lenti indagatrici che non lasciavano trasparire alcuna emozione ma solo brividi per chi cercava di incrociare il loro sguardo, li chiamavano “gli osservatori”. La loro presenza non faceva che aumentare il senso di disagio che provava nel percorrere quei cunicoli pallidi e tutto nonostante fossero passati venti anni dalla prima volta. In lontananza un sottofondo musicale cominciò ad accompagnare i suoi passi, era una sensazione strana quella che lo pervase, non era abituato a sentire suoni, rumori o parole attraverso quelle mura, nemmeno sussurrate, era impossibile ascoltare qualsiasi cosa, tutto era segreto nel Tempio Bianco. Si fermò stranito quando capì che la musica proveniva da dietro la porta ovale che gli sbarrava il passo, decise di bussare.

“Signor Presidente” nessuna risposta, e mentre l’orchestra in sottofondo saliva di tono bussò ancora.

“Signor Presidente.” nessuna risposta.

Ariano decise di aprire contraddicendo le regole del Tempio venendo inondato dall’acuto finale del cantante lirico “VINCEEEROOO..”. Il Presidente era intento a giocare con un mappamondo come se fosse un novello Charlie Chaplin ne “Il dittatore”.

“Signor Presidente sono venuto ad informarla che l’arrivo di suo padre è previsto per domani mattina durante la sua visita al nuovo istituto di ricerca contro il terrorismo.”

L’annuncio non sembrò interessare minimamente il Presidente che continuò imperterrito a giocare felice come un bambino con la sua palla. Sconsolato Ariano chiuse la porta e si avvicinò alla scrivania intasata di bottiglie di whisky e bicchieri semivuoti, cercò di fare spazio in quel disordine e vi appoggiò un fascicolo sulla cui copertina capeggiava la scritta TOP SECRET e una data, 11 Primo Autunno. Sconsolato, osservò quel pargolo mai cresciuto roteare sul tappeto su cui era raffigurato lo stemma dell’Unione Americana con i due continenti a formare una grossa fauce pronta a divorare il resto del mondo.

“Le lascio il programma così potrà consultarlo con tranquillità”. Si avviò verso l’uscita quando, improvvisamente, il Presidente si fermò dimenticando il suo piccolo mondo e cominciò a fissarlo.

“Cos’è questa musica? Non l’avevo mai sentita prima d’ora.”

Ariano si accostò alla soglia dell’uscio semiaperto e si voltò, non capiva il senso di quella richiesta.

“Sai ho trovato questo dischetto in una di quelle case diroccate che abbiamo visitato ieri pomeriggio dopo l’uragano, pensavo di trovare solo musica jazz, gospel o blues in quel ghetto canterino.”

“E’ lirica signore, un’opera lirica e precisamente un’aria tratta dalla “Turandot” di Giacomo Puccini, si usava proporla nei teatri prima che venissero chiusi per mancanza di fondi e lasciar spazio ai parcheggi, alle nuove zone residenziali e commerciali, ai finanziamenti all’esercito dei “peacemaker” che lavora per l’integrità della nostra sicurezza.”

Il Presidente lo fissò perplesso e facendosi sfuggire un sogghigno ironico disse:

“Vedi alla fine avevo ragione. Questo prova che alla fin fine quelle costruzioni non servivano a nulla, erano uno spreco di spazio e denaro. Perché erigere edifici del genere per ascoltare della musica quando puoi godertela da casa?”

Ariano lo guardò perplesso per un istante e, non trovando una risposta adatta a quella domanda si lasciò alle spalle quel viso sogghignante per tornare al suo lavoro.

(Da un idea di SL)

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