martedì 29 aprile 2008

The Island

E' sera e dopo aver cercato invano di trovare un minimo di tempo per recuperare le fatiche del fine settimana (tre giorni di congresso), mi affloscio sul divano, non come Homer Simpson ma poco ci manca.... Nel sorgere del mio dormiveglia, mi accorgo che la puntata di "Scrubs" verrà irrimediabilmente rovinata dalla pessima ricezione dell'antenna, ed infatti, a metà puntata, ecco spuntare le prime linee fastidiosissime. Mano a mano l'immagine si degrada, si sforma e si deforma, anche l'audio fa la sua parte fino a scomparire. Decido di fare una carrellata veloce dei vari canali per poi andare a letto. La mia residua attenzione si sofferma sulla pubblicità di Italia 1, a breve inizierà "The Island". Decido di provare a resistere per dargli un'occhiata nonostante il fatto che il film sia diretto da Michael Bay (Armageddon, Pearl Harbor...) e prodotto da Spielberg, ovvero spettacolo visivo condito da effetti speciali ed una profondità narrativa paro allo zero. Invece all'inizio la pellicola risulta efficace ed attraente. Tralasciando il montaggio fin troppo veloce nelle sequenze dei sogni, la trama e l'atmosfera sono intriganti: in un laboratorio sotterraneo vengono "coltivati" dei cloni (agnati) monitorati 24 ore su 24 nella loro vita. La loro finalità è quella di raggiungere l'isola dove potranno godersi una nuova vita. Ma l'inquietante realtà è ben diversa. L'utilità dei cloni è quella di fungere da pezzi di ricambio per i benestanti che popolano il mondo esterno. Se aggiungiamo le citazioni derivanti da "1984" e dai libri di Dick, direi che la serata prometteva bene, forse l'unica pecca si poteva trovare in una mancanza di un'atmosfera più cupa (tipo Matrix per intenderci). Peccato che il giubilo sia durato neanche un'ora e che la vera essenza del binomio regista-produttore, sia evaso e abbia preso possesso prepotentemente dell'anima del film. I due protagonisti (Ewan McGregor convincente, Scarlett Johansson meno, doppiati comunque malissimo) riescono a fuggire con estrema facilità innescando una serie di inseguimenti, esplosioni, situazioni assurde in puro stile Michael Bay. E va bene che è fantascienza unita all'azione ma cazzo come fanno a guidare, volare, sparare senza averlo mai fatto prima??? Le scene d'azione saranno anche belle ma accorciarle un pò avrebbe giovato anche perché, preso da sfinimento di assurdità, il mio grado di sopportazione e disperazione per l'idea di base scaraventata violentemente nel cesso mi ha indotto a spegnere la televisione senza neanche aspettare il finale convinto che l'accoppiata Bay-Spielberg avrebbe toccato il massimo del nulla.

Titolo: The Island
Regia: Michael Bay
Interpreti:
Ewan McGregor, Scarlett Johansson, Steve Buscemi, Sean Bean, Djimon Hounsoun, Michael Clarke Duncan
Paese: USA
Durata: 136'
Anno: 2005

Voti:
IMDB: 6,9
Cinema del Silenzio: 4,75
FilmTV: 4,8
MyMovies: 2/5
35 mm: 3/5
MIO: 7,5 (la prima parte) 4 il resto

lunedì 28 aprile 2008

Influenza Kubrikiana

Sabato ore 00:20 (più o meno non ricordo bene...), mi siedo in modo scomposto su una specie di poltrona nera nel salone principale dell'Holiday Inn di Udine. La giornata è stata lunga, stancante e divertente. Sono reduce dalla cena di gala al termine del "47° Congresso Nazionale FIDAS", il primo da congressista. Il bianco dei muri, le luci e l'arredamento particolare, per un attimo mi rimandano mentalmente al "Korova Milk Bar" di Arancia Meccanica, mancavano solo i tavolini, raffiguranti donne nude, ed Alex con i suoi drughi pronti a sorseggiare il loro latte+ (latte più mescalina...) dopo una serata di ultraviolenza. Poi ci penso meglio e l'accostamento più ideale è con la casa dello scrittore mr. Alexander. Osservo in silenzio il via vai di persone che entrano ed escono dalla porta di ingresso e mi rammarico di non avere con me un taccuino ed una penna dove trascrivere i miei pensieri, i comportamenti della gente, ogni gesto, ogni respiro, ogni parola. Non è raro che mi venga la mania di uscire di casa solo per spirito d'osservazione, ma sto scoprendo di diventare pigro, non ho più tanta voglia di scrivere le mie sensazioni cercando di dargli un senso, anche perché non le ho mai fatte leggere a nessuno e sono convinto che non lo farò mai. I ragazzi del Gruppo Giovani rimangono nascosti alla mia vista da due poderose colonne di cemento, ma la loro allegria cavalca l'aria della sera fino a giungere nel mio apparato uditorio distintamente. La decisione è presa si parte verso la fiera dove si tiene la "Festa della birra". Dopo vari giri ci "inventiamo" un parcheggio e scendendo mi accorgo che ogni singolo centimetro intorno a noi è ricoperto di lamiere, perfino i pochi spazi dedicati all'erba sono macchiati dalla loro ombra. Paghiamo i fatidici 2 € di ingresso e cominciamo a farci strada tra le ondate di giovani e "diversamente" giovani, alla caccia di un boccale di birra, di una felicità perduta o forse solo un motivo per staccare la mente dallo schifo e dai problemi che si aggirano infidi ultimamente. Così tra cinture di boccali vuoti e cappelli modello Octoberfest, arriviamo nel padiglione dell'HB dove ritroviamo gli amici donatori di Vicenza in piena carburazione alcolica e gioiosa. Ci facciamo spazio e ordiniamo le birre e, mentre sorseggiamo con la dovuta cautela e i giusti tempi (con quel che costavano... ho avvertito un vago senso di aprofittamento) la musica da discoteca tiene banco, alta, frastornante e in alcuni casi fastidiosa (almeno per me.... non ci posso fare niente). Dopo aver cercato di capire cosa centravano i Depeche Mode in tutto questo (anche se sotto sotto avrei preferito che il D.J. continuasse a seguire le righe di quello spartito...) ecco che il mio grado di fastidio giunge al suo culmine. "Chi ha parlato, chi cazzo ha parlato" la voce inconfondibile del Sergente istruttore Hartman di Full Metal Jacket, fa capolino. Ancora Kubrick è proprio la sua serata ma la domanda sorge spontanea (come direbbe Lubrano): che diavolo centrava in mezzo a quel turbinio di risa, alcohol, cappellini e voglia di evadere da una quotidianità deprimente? Meno male che ci sono i miei amici donatori così inneschiamo un'improvvisata seduta di uomini e donne da piegarsi dalle risate. Verso le due decidiamo che è il caso di ritirarsi visto che la mattina ci attende forti e vigorosi per la sfilata conclusiva del Congresso FIDAS, ma questa è un'altra storia preferisco fermarmi mentre, con la nuova e mitica (e coccolissima ;-D) coordinatrice del gruppo, ci immergiamo nel buio della notte verso casa ed un meritato parziale riposo.

mercoledì 23 aprile 2008

La piccola canadese

"Paris Hilton e Lindsay Lohan? Provo indulgenza e pena per queste ragazze ipersessualizzate, ma qualcuno si chiede perché sono diventate così?"
Quanto ci vuole ad apprezzare un nuovo attore o una nuova attrice? Alle volte è amore a prima vista, altre ci vuole un intero film, altre ancora bisogna aspettare il film giusto. Per Ellen Page è bastato uno sguardo, una battuta in "Juno", per entrare a far parte delle mie attrici preferite. Voi direte "Aspetta è il primo film che arriva in Italia..." e io vi rispondo "sbagliato", perché, spinto dalla curiosità, ho cercato notizie su di lei e sui suoi precedenti lavori trovando un piccolo film di culto "Hard Candy", un thriller teso che in Italia non è mai arrivato. Visto che l'argomento centrale è la pedofilia, non mi stupisco, si sa che noi italiani ci guardiamo dall'affrontare certi argomenti, non sia mai che qualche prelato alzi la tonaca.... Questa pellicola (trovata sottotitolata in rete) non ha fatto che confermare le qualità espresse dalla "piccola canadese" (così ribattezzata per la sua altezza, 1.55) che con i suoi 21 anni e la testa ben salda, si appresta a diventare in futuro una delle migliori attrici sulla piazza. E' la sua naturalezza a colpire più di tutto, ti stupisce a tal punto dal farti dimenticare che stai vedendo un film e quanti ci riescono oggi? La sua immagine con la pipa in bocca è diventata un'icona e presto la rivedremo nel film d'esordio alla regia di Drew Barrimore "Whip it", dopodiché nell'horror "Lighthouse" tratto da una storia di E. A. Poe. Ma la piccola Giunone si guarda bene dal diventare una star a tutti gli effetti cercando di schivare le grandi produzioni (è apparsa solo in "X-Men 3") e tenendosi ben salda al cinema indipendente tanto da dichiarare "Non voglio il successo di Hollywood. Penso che sia più importante provare a dire qualcosa con i tuoi film [....] Non mi importa se le persone non amano i miei personaggi, quello che conta è che pensino al messaggio del film". Il ruolo che l'ha fatta notare è quello della problematica Sherry in "Mouth to mouth" che sto cercando di recuperare in rete. I suoi idoli sono Kate Winslet e Patti Smith, la piace il ciclismo, il basket, il calcio, correre, nuotare insomma, è una grande sportiva. Si fa segnalare anche per il buon gusto cinematografico visto che il suo film preferito è "I quattrocento colpi" di Truffaut, e non dubito che i critici ne saranno lieti.

mercoledì 16 aprile 2008

Il Dottor Cox


Interno giorno - stanza d'ospedale
Il dottor Cox (alias John C. McGingley) raduna tutti i praticanti ed infermieri sotto le sue direttive, per un discorso. Comincia così a sciorinare le lodi di colui il quale ha trovato la cura giusta per guarire un paziente. Spiega che è cosa insolita per lui complimentarsi con qualcuno dei suoi "pivelli" ma visto che adesso è padre, capisce che è giusto farlo specialmente in casi come questo. Invita i praticanti a farsi avanti, a non vergognarsi ad alzare la mano. Non riceve solleciti, ma dopo un pò notiamo che il suo braccio sinistro comincia, quasi con fare timido, ad alzarsi. Cox lo guarda stupito e con un dei suoi sorrisi smaglianti comincia a tessere le lodi di sé stesso e ad alimentare il suo ego. Ma capisce che deve rendere partecipi anche coloro che hanno collaborato: il novellino che ha sbagliato la diagnosi, l'assistente (nonché protagonista della serie) J.D. che ha confermato e firmato la diagnosi, e il chirurgo Turk che "voleva aprire in due il torace del paziente per ficcarci un inutile pacemaker". Il dottore, aggirandosi tra i novellini rincara la dose: "Ora voglio che mentre mi avvio a lasciare questa stanza, VOI pivelli, cominciate ad inneggiare il mio nome cosicché potrò alzare le braccia in segno di trionfo".
Sottofondo "Cox, Cox, Cox, Cox...", il dottor Cox se ne va.

Naturalmente il testo dei dialoghi non è esattissimo, ma la scena e il suo sorriso sono I-M-P-E-R-D-I-B-I-L-I. Più guardo "Scrubs", e ho cominciato si e no da un mese, e più me ne innamoro. Il dottor Cox poi è sicuramente il M-I-G-L-I-O-R-E.

Dr. Percival "Perry" Cox
E' il mentore del protagonista, J.D. E' un uomo duro, MOOOOLTO sarcastico e poco ligio alle dimostrazioni di affetto (in realtà è molto legato a J.D.). E' un ottimo medico ma il suo carattere lo porta ad essere molto asociale, trattando male le persone e buttando al vento le buone occasioni che gli capitano se significa scendere a patti con il proprio ego.
L'unica persona con cui si confida è l'infermiera Carla, a cui risparmia qualsiasi tipo di battute sarcastiche avendo avuto una cotta per lei.

lunedì 14 aprile 2008

JUNO

Regia:
Jason Reitman
Interpreti:
Ellen Page (Juno MacGuff)
Michael Cera (Paulie Bleeker)
Jennifer Garner (Vanessa Loring)
Jason Bateman (Mark Loring)
Allison Janney (Bren MacGuff)
J.K. Simmons (Mac MacGuff)

Anno: 2007
Paese: USA
Durata: 92'

Juno è una sedicenne che scopre di essere incinta del compagno di scuola Paulie. Dopo aver pensato di abortire decide di portare avanti la gravidanza e dare il proprio figlio in adozione ad una famiglia che non ne può avere. La gravidanza segnerà i due ragazzi verso l'età adulta mentre farà barcollare l'unione dei futuri genitori. Juno, a differenza degli adulti, si dimostra una ragazza più matura per la sua età, sicura di sé, con una lingua pungente ma sempre sincera, non veste alla moda ed è convinta che le coppie borghesi possano essere felici per sempre venendo puntualmente delusa. Jason Reitman dopo il tagliente esordio con "Thank You For Smoking", si conferma ottimo regista e soprattutto eccellente direttore di attori. A supportarlo la splendida sceneggiatura dell'ex spogliarellista e blogger, Diablo Cody (la mano femminile risulta fondamentale in film di questo tipo), ricca di dialoghi affilati e ironici, e la freschezza giovanile della splendida Ellen Page vera anima del film; la sua interpretazione è talmente perfetta e naturale che non si può immaginare questa pellicola senza di lei. Anche il contorno fà il suo più che egregiamente a cominciare dai genitori di della ragazza, J.K. Simmons (un adorabile Mac McGuff) e Allison Janney (dura e dolce allo stesso tempo, Bren McGuff), il simpatico Michael Cera (Paulie Bleeker), fino ai futuri genitori adottivi Jennifer Garner (la dolce Vanessa Loring) e Jason Bateman (l'insicuro Mark Loring). L'abilità principale che salta all'occhio è la capacità di trattare temi come l'aborto, l'adolescenza, la famiglia con leggerezza, senza appesantire il tutto riuscendo a farli passare addirittura in secondo piano ma soprattutto senza prendere una posizione o esprimendo giudizi (Juno non è un film pro o contro l'aborto, come qualcuno ha voluto dichiarare a propria gloria inutilmente...). Premiato al Festival di Roma come miglior film, ha conseguito la statuetta per la miglior sceneggiatura non originale. Un film spensierato che merita il successo che ha avuto e che sta avendo grazie anche alla sua capacità di farci passare un'ora e mezza spensierata con il cervello ben acceso.

"So che uno dovrebbe innamorarsi prima di riprodursi ma credo che la normalità non faccia per noi!"
"Dentro di me scorre la vita, dentro di te cibo messicano"

Voti:
FilmTV:
7
Mymovies:
3/5
IMDB:
8.2
35mm:
4/5
Cinema del silenzio:
7,5
MIO:
7,5


giovedì 10 aprile 2008

Munich


Regia
:
Steven Spielberg

Attori:
Eric Bana (Avner)
Mathieu Kassovitz (Robert)
Geoffrey Rush (Ephraim)
Mathieu Amalric (Louis)
Lynn Cohen (Golda Meir)
Daniel Craig (Steve)
Anno: 2005
Paese: U.S.A.
Durata: 164'

Tratto dal libro di George Jonas "Vengeance", non è facile giudicare un film come "Munich", tanto più se a girarlo è Steven Spielberg regista incline alla spettacolarizzazione ma anche ai facili mielismi. Ed infatti se da una parte le scene d'azione e la tensione sono di ottima fattura, dall'altra lo spessore e l'importanza dell'argomento non è trattato adeguatamente. E non è la prima volta, infatti, a parte "L'Impero del sole" e "Schindler's List", le esperienze in campo storico sono state alquanto altalenanti. Ma questa volta si gioca duro, molto più che in "Schindler's List", e il regista americano non si dimostra all'altezza con pecche e mancanze storiche pesanti che intaccano l'indiscussa qualità tecnica del film. Dopo l'ottimo inizio, dove la visione cinematografica dell'attentato di Monaco si intrinseca con i filmati d'epoca, Spielberg si dimentica e non cerca mai di spiegare o di introdurre, i fattori che hanno portato ad una simile tragedia e alla nascita di Settembre Nero mentre dipinge il Primo Ministro israeliano Golda Meir, che dichiarò: "il popolo palestinese non esiste", come una dolce signora anziana. Meno male che poi si passa all'azione, magistralmente fotografata dal fido Janusz Kaminski, gli omicidi, la spedizione in Libano e l'uccisione della spia olandese sono perle rovinate dalla smaniante voglia di umanizzare gli assassini. Dapprima esitano nel far scoppiare la bomba a Parigi, che esploderà solo quando la bambina sarà uscita dall'appartamento, poi assistiamo al pianto di Avner mentre ascolta al telefono la voce di sua figlia, sempre Avner (interpretato da un imbalsamato Eric Bana) rimane in silenzio a guardare la sua pistola chiedendosi se tutto questo sia giusto. Le sequenze filerebbero ma la realtà fu ben diversa ed è lo stesso libro di Jonas ad affermarlo, e poi perché umanizzare solo il commando israeliano? Perché farli apparire belli e ben vestiti a fronte dei palestinesi brutti, freddi e cinici? E non può bastare lo sguardo compassionevole di un attimo nel montaggio alternato finale. Tornando alle mancanze storiche non troviamo traccia dell'errore commesso a Lillehammer nel luglio del 1973 quando, un cameriere marocchino venne ucciso per errore venendo scambiato per Salameh. Spielberg ci informa che venne Salameh venne assassinato a Beirut nel gennaio del 1979 ma senza informarci che l'attentato avvenne con un autobombe in una via affollata e che uccise e ferì decine di civili innocenti, ma questo fatta andava ad intaccare la supposta umanità del commando.Nel film ci si dimentica che 3 giorni dopo l'attentato i campi profughi palestinesi in Siria e Libano vennero bombardati facendo almeno 200 vittime civili che con Monaco non centravano niente. Insomma le mancanze di "Munich" non sono poche e di poco conto. C'è da chiedersi quanti delle persone che hanno visto il film erano, o si sono informati successivamente, degli argomenti trattati? Penso pochi e non è una questione da nulla vista la drammaticità e l'importanza degli eventi. Un ultimo appunto al montaggio alternato finale con la scena di sesso in cui Avner rivede negli occhi e nella testa la carneficina dell'aereoporto, se il regista americano voleva rappresentare il confine tra la morte e la vita lo fa nel modo meno opportuno e la scena risulta alquanto squallida, certo Eric Bana non lo aiuta.


Voti:
FilmTV: 7,3
Mymovies: 3/5
IMDB: 7,8
35mm: 4/5
Cinema del Silenzio: 7
MIO: 5

mercoledì 2 aprile 2008

Giovanni Allevi - Come sei veramente

Allevi, la fragilità si fa forza

Si è concluso con 3 bis e un ovazione da stadio ("Tutti in piedi sulla poltrona" direbbe Guido Meda), la sublime esecuzione di Giovanni Allevi ieri sera al teatro Rossetti di Trieste. Ci ha riconsegnato l'anima alla musica con la sua spontaneità e gioia. La Musica quella vera, quella fatta di note, armonia, bellezza, quella ricercata, che viene dal cuore, dalla passione, lontani anni luce dalle false melodie preimpostate pop dei giorni nostri utili solo a fare soldi e instupidire la gente e gli adolescenti. La Musica quella capace di creare emozioni diverse, quella capace di trasportarti in un altro mondo, in un'altra dimensione, quella che ti rende felice perché sai di assistere a qualcosa di bello, unico, irripetibile. La Musica come una droga benevola che accarezza il tuo corpo come la fresca brezza del mattino lasciandoti andare in un estasi di pace. Tutto questo e molto di più è l'esperienza che si vive durante la cavalcata di questo talento che, a vederlo, nella sua dolce corsa goffa non gli daresti una lira anche perché tutti sono abituati a vedere il classico musicista di pianoforte con il suo completino serio, la faccia seria, quando la musica è gioia e naturalezza. Allevi con i suoi jeans, le scarpette da ginnastica, la felpa (che cortesemente chiede di poter togliere prima di un pezzo "difficilissimo da suonare... me la sono cercata") va contro, va oltre, è, soprattutto, sé stesso, e di questo lo ringraziamo. E così dopo aver accarezzato il suo pianoforte chiedendogli, come ogni concerto, di "fare il bravo", ci introduce con ironia ai brani raccontando aneddoti e fonti di ispirazione. Dopo "Japan", il suo primo brano scritto all'età di 17 anni, durante "Il nuotatore", figlio della sua paura dell'acqua, ti pare di essere immerso in una piscina e di osservare un'atleta che completa le sue vasche con poderose ed aggraziate bracciate. Ti lasci andare agli attacchi di "Panic", alle atmosfere jazz di "Notte ad Harlem", "Downtown", segui il suo cuore in "Go with the flow", torni alla vita con "Back to life", rimani affascinato dalla miscellanea di "musica rinascimentale e rock progressivo" di "New renaissance" guardi dalla finestra la "Luna" e al mattino ti svegli in un "Monolocale 7:30 a.m.", respirando "Aria" dopo un attacco d'ansia. Poi lo vedi scappare con il brano "Prendimi" dove la sua mano, come imbizzarrita, percorre velocemente i tasti bianco e neri, e quando intona al terzo bis "Come sei veramente", pensi o ti aspetti che da un momento all'altro appaia una BMW come nella pubblicità (che brutto doversi accorgere grazie alla pubblicità di certe sonorità e talenti). Ma è soprattutto la simbiosi tra Allevi e il pianoforte la vera stella della notte nel cielo stellato del soffitto del teatro, la sua "fragilità riscoperta come punto di forza", la simpatia, la dolce ingenuità che diviene trascinante come le note e le dita che fluttuano sui tasti del suo amico fidato.
VOTO: 10

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